I Giorni della Storia

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I popoli della Mesopotamia e del Mediterraneo orientale

Posted by Alessandro Ferretti su aprile 5, 2009

di Andrea Veronesi

1.

La Mesopotamia, il territorio intorno ai fiumi Tigri ed Eufrate, fu abitato, in successione o in parallelo, da diverse popolazioni in continua lotta per il predominio. La cartina presentata mostra un quadro abbastanza dettagliato dei popoli e dei territori trattati.

I piu’ antichi furono i Sumeri, un popolo di incerta origine, che si stabili’ nella zona del delta attorno alla meta’ del IV millennio. E’ interessante che un poema di tradizione sumerica racconti che l’intero territorio fu colpito da un cataclisma di notevoli proporzioni, con violente inondazioni, che trova eco anche nella Bibbia. Essi crearono numerose citta’-stato fortificate, spesso rivali fra loro, governate ognuna da un re-sacerdote, rappresentante terreno di un proprio dio cittadino. Esperti di commercio e al centro di importanti vie di comunicazione, crearono corporazioni di artigiani e stilarono il piu’ antico codice di leggi per risolvere le controversie economiche. Verso il 2350 a. C. un principe di Accad, Sargon il Grande, invase il paese vincendo una a una le citta’ sumeriche e unifico’ le regioni di Accad e Sumer. Questa dinastia accadica fu caratterizzata da notevoli progressi in campo matematico, architettonico, giuridico e nella codificazione della scrittura che diventa assai piu’ ricca, assemblando caratteri cuneiformi e ideografici. Gli dei vengono omaggiati con grandi torri, dette Ziggurat, e viene fondata Babele.

Questa importante citta’, verso il XIX secolo a. C., diventera’ la capitale del regno – col nome di Babilonia – sotto una nuova dinastia di re. Tra questi si distinse Hammurabi, salito al trono verso il 1730 a. C. Saggio e capace, compatto’ l’impero dandogli una legislazione unica: “il codice di Hammurabi”, che e’ ritenuto la piu’ antica raccolta di leggi scritte per regolare la vita dei cittadini. Questo primo impero di Babilonia si manterra’ forte per due secoli eguagliando in splendore l’antico Egitto, ma, come esso, non pote’ opporsi alle armi di bronzo e ai cavalli di popolazioni cassite scese dal nord a piu’ riprese, che dominarono il paese per piu’ di tre secoli. Poi tutta la regione cadra’ sotto il ferro assiro.

2.

Un nuovo popolo semitico, gli Assiri, conquisto’ la Mesopotamia; e sotto il re Assurbanipal raggiunse un’immensa estensione territoriale. La loro crudelta’ spinse pero’ i Babilonesi a sollevarsi e a dar vita al secondo impero babilonese che, pur di breve durata, ebbe con il re Nabucodonosor un periodo di grandezza, finche’ nel 539 a.C. Babilonia cadde in mano ai persiani di Ciro.

Sull’altopiano iranico giunsero, verso il 2000 a.C., alcune popolazioni indoeuropee tra le quali emersero prima i Medi, che abbatterono l’impero assiro distruggendo Ninive, poi i Persiani che sotto la guida di Ciro il Grande sottomisero tutto l’Oriente antico. Con il successore di Ciro, Cambise, l’impero persiano comprese anche l’Egitto. Il piu’ grande dei re persiani fu forse Dario, successore di Cambise, che consolido’ l’unita’ del regno dandogli una solida organizzazione statale. Egli ingrandi’ l’impero a nord e porto’ a termine la conquista dell’Egitto, dove fece costruire un canale che univa il mar Rosso al Mediterraneo, come il moderno canale di Suez. Dario venne pero’ in urto con la nascente potenza greca, dalla quale fu sconfitto; e cosi’ Serse, suo successore. Cio’ determino’ una grave crisi dell’impero persiano che nel 330 a.C., dopo un secolo di gravi lotte interne, fu conquistato da Alessandro Magno. La raffinata civilta’ persiana tuttavia non ando’ del tutto perduta, ma entrata in contatto con quella greca nel nuovo grande impero di Alessandro, la influenzo’ e modifico’ portando il suo contributo d’arte e di pensiero.

3.

All’inizio del II Millennio a.C. una tribu’ semita, guidata dal suo patriarca Abramo, abbandono’ la Caldea per spostarsi verso la Palestina. Era una tribu’ semplice nei costumi, senza distinzione di casta e unita da una fede monoteista. Probabilmente coinvolta dalle invasioni migratorie degli Hyksos che si spostavano verso sud, fu trainata anch’essa fino in Egitto, dove si stanzio’ nel paese di Goshem, nella zona del delta del Nilo. Alla caduta degli Hyksos, gli egiziani li ridussero in schiavitu’ e li trattennero nel paese per circa quattro secoli. Dall’ Egitto, verso il 1200 a.C., li libero’ Mose’ che, attraversato il mar Rosso, li ricondusse verso la Palestina. Sotto la guida di “Giudici” – di cui ricordiamo Giosue’ – conquistarono il territorio scontrandosi con le popolazioni locali – specialmente con i filistei, finche’ formarono il regno di Israele. Organizzati dapprima in dodici tribu’, gli ebrei ebbero come primo re Saul, al quale succedette Davide che unifico’ le tribu’ di Israele e, conquistata Gerusalemme, ne fece la capitale di un regno unitario. Il suo successore, Salomone, promosse una grandiosa politica commerciale grazie al controllo dei porti sul Giordano e nel Mar Rosso, sostituendone l’egemonia egiziana. Egli arricchi’ e abbelli’ il paese facendo costruire un magnifico tempio a Gerusalemme. E’ questa l’epoca d’oro della nazione ebraica, ma anche l’apice di un malcontento popolare grave, dovuto ai sacrifici imposti da una monarchia ormai pressoche’ assolutistica. Infatti, morto Salomone, la nazione si spacco’ in due regni rivali: il regno di Israele, a nord, con capitale Samaria e il regno di Giuda, al sud, con capitale Gerusalemme, fedele alla dinastia davidica. E’ l’epoca dei “profeti” che invocheranno l’unita’ e un ritorno spirituale, ma resteranno inascoltati. In preda a continue lotte interne il paese e’ pericolosamente esposto alle invasioni dei popoli confinanti. Gli avvenimenti si susseguono catastrofici. Dal sud gli Egiziani marciano sulla Palestina e conquistarono Gerusalemme. Samaria si salvera’ solo alleandosi con gli Aramei di Damasco ma saranno entrambi travolti nel 722 a.C. dagli Assiri di Sargon II. Nel 587 il re Nabucodonosor di Babilonia invadera’ il paese, distruggendo il tempio di Salomone e deportando gli ebrei a Babilonia. Nel 539 il re persiano Ciro, soppiantati i babilonesi, concedera’ agli ebrei la liberta’ di tornare a Gerusalemme, dove costituiranno un piccolo e debole stato ebraico. Subiranno ancora la dominazione di Alessandro e infine di Roma, che ne accentuera’ la dispersione

Gia’ 2000 anni prima di Cristo, nella stretta fascia costiera tra i monti del Libano e il mediterraneo, erano attive le grandi citta’ dei Fenici, un popolo di navigatori. Ogni citta’ fenicia aveva un proprio re e un governo autonomo e ognuna aveva fondato proprie colonie commerciali, spesso tra loro in concorrenza. Dopo l’invasione dei “popoli del mare”, la Fenicia fu assalita prima dagli Assiri, poi dai Babilonesi, che cercavano uno sbocco sul mare. Infine, come era accaduto per gli Ebrei, anche i Fenici trassero giovamento dalla conquista persiana dell’Oriente e poterono riprendere con una certa liberta’ i propri traffici. Si deve infine ricordare che ai Fenici va il merito dell’invenzione dell’alfabeto che, attraverso i Greci, e’ giunto sino a noi.

Verso l’inizio del II millennio a.C., giunsero nelle zone montuose tra l’Armenia e l’Asia Minore popolazioni d’origine diversa da quella dei Semiti; si trattava degli Indoeuropei provenienti dalle pianure della Russia meridionale. La piu’ importante di queste popolazioni furono gli Ittiti che fondarono un potente Stato militare che giunse fino all’Egitto, ma che fu poi sommerso dagli Assiri

Andrea Veronesi

tratto dal sito Pillole di Storia

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Breve storia dei Celti

Posted by Alessandro Ferretti su marzo 30, 2009

I.

Tra la fine dell’ultima glaciazione (15000 a. C.) e l’inizio dell’età del Ferro (3200 a. C.) tutta l’Europa Transalpina vedeva pochi e sperduti insediamenti umani.
Fu dall’inizio dell’età del Ferro che alle rade popolazioni aborigene vennero gradatamente a sovrapporsene altre di cultura indoeuropea giunte in Europa dall’Asia centrale. I Greci li chiamavano ‘Keltoi’ ed i Romani ‘Galli’ dal termine ‘galatae’ ovvero ‘bianchi come il latte’ in riferimento alla carnagione chiara di questi popoli. I Celti si insediarono nella regione comprendente le sorgenti del Reno, del Rodano e del Danubio. 
Dal punto di vista linguistico 2800 anni fa questi proto-Celti si estesero all’attuale Francia e poi alla penisola Iberica dando origine ai Celtiberi. 2700 anni fa si espansero nell’attuale Belgio, Inghilterra, Irlanda, Cecoslovacchia. Nel primo millennio a.C. si assiste al periodo di massima fioritura della civiltà dei Celti in 15 milioni di abitanti. La nascita della cultura celtica propriamente detta va cercata quindi non nell’Asia Centrale, ipotetica patria delle genti indoeuropee, ma nell’Europa Centrale.

Nel 400 a.c. Belloveso, nipote di Ambigato re dei Celti Biturigi, a causa della densa popolazione che viveva nella Francia centro-settentrionale, si mise a capo di una emigrazione composta da genti delle tribù dei Biturigi, Senoni, Edui, Ambarri, Carnuti e Aulerci, e le condusse attraverso le Alpi nella pianura del Po’. Le genti che vivevano già in questo territorio non erano né numerose ne diffuse, ma già in lombardia nel VIII sec si era affermata la cultura di Golasecca, innegabilmente celtica ed i cui esponenti, i Leponzi, avranno un ruolo fondamentale nella nascita della nazione Insubre. I Liguri, che vivevano sull’Appennino e nella pianura fino al Po’ sono descritti come fortissimi nel fisico e del tutto selvaggi.

II.

Gli Orobi vivevano sulle Alpi, dal lago di Como al lago di Garda. I Veneti che si erano stabiliti sulla costa del mare Adriatico sin da epoche remote, hanno origini incerte, sebbene Giulio Cesare, che li incontrò anche sulle coste dell’Atlantico alle foci della Loira li annovera tra i popoli Celtici ; e Polibio li descriveva come del tutto simili ai Celti, tranne che nella lingua. Archeologicamente tra questi due popoli omonimi non sembrerebbe intercorrere però alcun legame o relazione.

I dialetti neoceltici che si parlano oggi nella Valle Padana hanno caratteristiche cosi nette e distinte dall’italiano che, seguendo i limiti dell’area in cui sono parlatati, si può delimitare esattamente il territorio abitato, oggi come allora, da genti Celtiche.
Esso va dalla catena delle Alpi al Mar Ligure fino a Pontremoli e da qui a Senigallia seguendo la dorsale dell’Appennino. 
La civiltà celtica ha dominato per più di mille anni un vasto mercato comune europeo e la sua influenza sulla cultura europea – sia culturale, linguistica o artistica – si scopre di nuovo. Gli antichi dialetti celtici sono gli antenati delle lingue gallesi e gaeliche di oggi.

I Celti si godevano la vita. Il cibo e le feste erano importanti e si considerava l’ospitalità un segno di nobiltà. Questa stessa ospitalità si trova anche oggi nelle Highlands della Scozia.
La cultura celtica veniva trasmessa a voce; la storia e gli avvenimenti non erano scritti ma ricordati sotto forma di versi. La cultura d’istruzione dei Celti comprendeva sia la religione che la geografia, sia la filosofia che l’astronomia. I loro oratori erano famosi in tutta l’Europa e servirono anche da insegnanti per i figli dei Romani.

III.

La società celtica era molto egualitaria, anche le donne partecipavano nelle guerre, nel commercio e nella politica. I tagliapietre e gli orefici celtici non avevano rivali e l’arte celtica è ormai riconosciuta dappertutto per la sua originalità e per la sua qualità straordinaria. La mancanza d’unità al centro della loro comunità causò la caduta dei Celti, quando la macchina della guerra cominciò ad invadere il loro territorio.

La Gallia cadde, seguita subito dalle isole britanniche. In Scozia, però, i Pitti (un popolo celtizzato, ma di origine autoctona e pre-indoeuropea) resistettero ai Romani e la Scozia rimase libera. I Romani non conquistarono i Celti irlandesi e da questa terra arrivarono i Gaelici in Scozia. I Bretoni giunsero in Armorica (detta Bretagna in seguito alla loro penetrazione) dalla Cornovaglia, a seguito delle pressioni degli Anglosassoni. Tanto gli spostamenti degli Scoti irlandesi verso la Caledonia (poi detta Scozia) e dei Bretoni vers l’Armorica avvennero tra il 500 e il 600 d.C. (VI sec.).

Contributo tratto  da  Bibrax  ( www.bibrax.it )

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Etruschi – La Necropoli

Posted by Alessandro Ferretti su gennaio 25, 2009

La Necropoli

di Agmen

Il regno dei morti

Nei tempi più antichi gli etruschi credevano ad una qualche forma di sopravvivenza terrena del defunto. Da ciò nasceva l’esigenza, come forma rispettosa di omaggio, di garantirne la sepoltura e di dotarla di richiami al mondo dei viventi.

La tomba era quindi realizzata in modo da sembrare la casa del defunto, sia nell’architettura che negli arredi. Assieme al corpo venivano inumati anche i suoi beni più personali e preziosi, vestiti, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano. Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene dal forte significato vitale, come banchetti, giochi atletici, danze.Dal V secolo a.C. anche la concezione del mondo dei defunti risentì in modo più marcato dell’influenza della civiltà greca. Venne così a configurarsi un al di là, localizzato in un mondo sotterraneo, nel quale le anime dei defunti trasmigravano, abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi.

Il passaggio tra i due mondi era visto come un viaggio che il defunto compiva scortato da spiriti infernali. I più importanti di questi spiriti erano la dea Vanth dalle grandi ali che regge una torcia, il demone Charun, dal viso deforme, armato di un pesante martello, il demone Tuchulcha, dal volto di avvoltoio e dalle orecchie di asino, armato di serpenti. Il destino di ogni defunto era quindi di essere condotto in un mondo senza luce e speranza in cui il fluire del tempo era segnato dai patimenti delle anime che ricordavano i momenti felici delle loro vite terrene. Le sofferenze delle anime dei morti potevano essere alleviate dai parenti con riti offerte e sacrifici. Per personaggi particolarmente illustri doveva essere possibile, grazie a speciali cerimonie, provvedere alla beatificazione o in casi eccezionali alla deificazione.

Le tombe

Gli etruschi attribuivano grande importanza al culto dei morti, anche perché era un mezzo per l’affermazione del prestigio e della potenza di una famiglia. Possiamo distinguere diversi momenti nell’esercizio di questo culto e la sua evoluzione si rifletterà anche nelle tipologie delle necropoli. Nei primi tempi gli etruschi erano legati alla concezione della continuazione dopo la morte di una attività vitale del defunto. La tomba veniva così costruita nell’aspetto della casa e dotata di suppellettili e arredi, veri o riprodotti in miniature, a volte le pareti venivano affrescate con scene della vita quotidiana o dei momenti più significativi, sereni e piacevoli del defunto. Allo stesso modo, cornici, travature, soffitti, frontoncini, soffitti, tesi a ricostruire l’ambiente domestico, venivano dipinti oppure scolpiti nella roccia.

Gli esempi più antichi di tomba monumentale sono costruiti sul modello dell’abitazione allora in uso: una capanna a pianta circolare o ellittica. Si tratta infatti di sepolcri a pianta circolare edificati con grandi blocchi di pietra e coperti con una falsa cupola ottenuta dalla progressiva sporgenza verso l’interno dei filari dei blocchi fino ad una lastra terminale di chiusura. Alla camera sepolcrale si accedeva attraverso un breve corridoio dove spesso venivano poste offerte di cibo o suppellettili. Quando questa tipo di tomba venne abbandonata, si passò ad una scavata sottoterra, prima ad un solo ambiente poi a più a camere. Le tombe interamente scavate sottoterra, generalmente nei fianchi di colline, sono definite “ipogei”, mentre quelle scavate in terreno pianeggiante e ricoperte da terra e pietrisco “tumuli”.

Il nuovo tipo é caratterizzato da un ambiente centrale accessibile da un lungo corridoio al di là del quale si disponevano altri ambienti. La pianta poteva essere anche molto complessa con un corridoio, camere laterali, sala centrale con pilastri e banchine. I tumuli assumono a volte dimensioni monumentali, con diametro superiore ai 30 metri, e spesso contenevano varie tombe della stessa famiglia. Esempi di primo piano sono osservabili a Cerveteri e si ricollegano all’evoluzione delle tipologie abitative contemporanee alla necropoli (seconda metà del VII secolo a.C.), quando le case si organizzarono in due o tre ambienti affiancati e preceduti da una sorta di vestibolo oppure attorno ad una corte centrale. Dalla metà del VI e per tutto il V secolo a.C. si assiste ad un nuovo mutamento dell’impianto planimetrico delle necropoli. Le nuove tombe sono chiamate “a dado” e si allineano l’una di fianco all’altra, costituendo vere e proprie città dei morti con strade e piazze. All’interno delle tombe vi erano solo due ambienti, all’esterno scalette laterali portavano alla sommità del dado dove esistevano altari per il culto.

Tale cambiamento riflette un profondo mutamento della struttura sociale, con l’affermarsi di un ceto non aristocratico promotore di soluzioni abitative meno sfarzose. Inoltre, a causa dell’influenza del mondo greco erano cambiate anche le concezioni di fondo riguardo il destino dei defunti. Alla primitiva fede nella “sopravvivenza” del morto nella tomba, si sostituì l’idea di un “regno dei morti”, immaginato sul modello dell’Averno greco.

I riti funebri

La morte di un personaggio appartenente ad una famiglia illustre era celebrata con la partecipazione al lutto di tutta la cittadinanza. Il giorno della sepoltura un lungo corteo si snodava dall’abitazione del defunto alla tomba della famiglia. Sacerdoti con i simboli del loro ufficio religioso, suonatori di flauto, parenti e conoscenti con offerte votive, accompagnavano il corpo trasportato su di un carro a quattro ruote. Dal corteo, che procedeva con grande lentezza, si alzava un misto di litanie, meste musiche, alti lamenti dei familiari e delle prefiche. Arrivati alla tomba, precedentemente preparata per la cerimonia, si procedeva al rito di sepoltura del defunto. Alcuni ritrovamenti di parti di testi religiosi riguardanti cerimonie funebri ci permettono di farci un’idea di quanta attenzione dovesse essere data dagli Etruschi a questo rituale. Purtroppo, la nostre incompleta conoscenza della lingua etrusca non ci consente di comprendere chiaramente il linguaggio specializzato di questi testi, e quindi non siamo in grado di ricostruire con precisione le cerimonie. Ciò che possiamo dire con certezza è che la preghiera, la musica e la danza vi avevano grande importanza; e che, al momento più intensamente religioso, si affiancavano giochi di destrezza, gare atletiche e combattimenti cruenti all’ultimo sangue.

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